RISERVA MARINA DI PORTOFINO

Denominazione e classificazione

Area naturale marina protetta statale di Portofino

Provvedimento istitutivo

Decreto 6 giugno 1998 del ministro dell'ambiente in base alle leggi n.979/1982 e n.394/1991.

Informazioni generali

Superficie totale: 360 ettari

Sviluppo costiero: circa 15 Km

Comuni interessati: Portofino, Camogli, Santa Margherita Ligure (Ge)

Aree a protezione particolare e loro superficie e sviluppo costiero

  • Zona A di riserva integrale:18 ha - 1,2 Km
  • Zona B di riserva generale:185 ha - 7,5 Km
  • Zona C di riserva parziale:57 ha - 6,5 Km

Comuni con sviluppo costiero interamente compreso nell'area protetta
Portofino (circa 5 Km)

Soggetto gestionale

Consorzio tra i comuni di Camogli, Portofino, S.Margherita Ligure, Provincia di Genova e Università di Genova con sede in V.le Rainusso, 14 - 16038 S.Margherita Ligure (GE) -
tel. 0185.289.649

Zone di divieto di pesca

Riserva integrale 18 ha

Principali caratteristiche naturalistiche ambientali e territoriali dell'area protetta marina

Il Promontorio di Portofino costituisce una delle emergenze più importanti della Riviera ligure orientale. Ha una forma più o meno quadrangolare e si protende in mare per circa 4 km, delimitando a Ovest il Golfo Paradiso e ad Est il Golfo Tigullio. Il lato meridionale è lungo circa 6 km e comprende le due insenature di Cala dell'Oro e di S. Fruttuoso ed una serie di falesie alte e scoscese, che proseguono nell'ambiente sommerso, talvolta fino a profondità abbastanza elevate, fino a circa 40 ed anche 50 m, dove iniziano i fondi detritici e fangosi. La parte più superficiale delle scogliere sommerse presenta le tipiche associazioni fotofile del Mediterraneo occidentale, seguite da quelle emifotofile e sciafile. I fondali sono molto ricchi di specie ed ospitano numerose biocenosi di fondo duro e di fondo mobile, tra cui spiccano il Coralligeno, le Grotte Semioscure, il Detritico Costiero. Sono ben rappresentate le facies a gorgonacei (Eunicella singularis, E. cavolinii e Paramuricea clavata), le facies a Lophogorgia ceratophyta ed Eunicella verrucosa, oltre a Parazoanthus axinellae, Leptosammia pruvoti e Corallium rubrum. Sono inoltre presenti praterie e chiazze sparse di Posidonia oceanica.

Il relitto del Mohawk Deer

Castello di prua Salpa ancore
Plancia Zona poppa

Scheda Tecnica

Tipo: piroscafo da carico (cisterna)
Nazionalità: canadese
Anno di costruzione: 1896
Cantiere: F.W. Wheeler & Co. di West Bay City
Compagnia di navigazione: Mohawk Nav. Co. Ltd. di Montreal (Canada)
Lunghezza: 137,46 metri
Larghezza: 17,17 metri
Stazza lorda: 4.423 tonnellate
Eliche: 1
Caldaie: 2
Data affondamento: 5 novembre 1967
Causa affondamento: rottura cavo traino e conseguente urto contro gli scogli
Carico trasportato: nessuno (era avviata alla demolizione)
Profondità minima: 10 metri
Profondità massima: 48 metri

La storia

Mohawk Deer significa cervo moicano, un bel nome con chiaro riferimento alla zona dei Grandi Laghi, dove la nostra nave aveva visto la luce. Varata a West Bay City, in Canada, nel 1896 e iscritta nei registri di Montreal, la Mohawk Deer era una cisterna di 4423 tonnellate di stazza, la prua alta e dritta come si usava ai tempi, lo scafo stretto, le caldaie alimentate a carbone. Le sovrastrutture avevano una disposizione insolita, con il ponte di comando molto avanzato e sala macchine e alloggi all'estrema poppa, mentre tutta la zona centrale del ponte era vuota, occupata dalle cisterne. Per strani giochi del destino, alla fine della sua carriera la nave era finita a Genova in attesa del traino finale verso la Spezia, ad opera del rimorchiatore jugoslavo Junak, venduta a un cantiere di demolizione.

La dinamica dell'affondamento

Nonostante le pessime previsioni meteorologiche, all'alba di domenica 5 novembre 1967 il comandante dello Junak decise di prendere il mare, con un duplice traino, la Mohawk Deer e la più piccola Makawell di 2600 tonnellate. Al largo del Promontorio di Portofino il libeccio infuriava e i continui strattoni al cavo di traino della nave canadese finirono per spezzarlo, lasciando il vecchio scafo in balia delle onde. Con la Makawell al traino era impossibile manovrare e tentare di riagganciare la nave, così il capitano dello Junak si collegò via radio al porto di Genova, chiedendo aiuto. Non essendoci vite umane in pericolo ed essendo per di più una grigia domenica novembrina, le operazioni di soccorso dovettero aspettare la conclusione delle lunghe trattative fra compagnia assicuratrice e soccorritori. Quando finalmente arrivarono due rimorchiatori da Genova, era ormai troppo tardi. Le onde del mare in burrasca avevano sospinto lo scafo vicino a riva, in corrispondenza del Ruffinale, noto anche come Cala degli Inglesi e chiamato Deriou dai Portofinesi. Le onde sollevarono lo scafo come un maglio gigantesco, lanciandolo contro le rocce a picco. Un boato sordo e terribile di lamiere tranciate e contorte e si vide la nave spezzarsi in due. La parte anteriore si inabissò velocemente, la prua diretta verso terra e l'albero di trinchetto che emergeva fra i cavalloni. Il terzo poppiero, quello con sala macchine e alloggi, continuò a venir gettato sugli scogli come un pupazzo di pezza, fino a quando non fu completamente smembrato e solo una scia di rottami galleggianti indicava il punto dell'affondamento. Tre giorni dopo il mare era nuovamente calmo e subito i subacquei dell'epoca si tuffarono sul relitto, riemergendo piuttosto delusi. Qualcuno arrivò in banchina a Portofino con le grosse luci di via, qualche cima e la poca strumentazione della plancia, ma molti si dovettero accontentare di qualche oblò o, in mancanza di meglio, dei rubinetti dei lavandini. La nave in effetti era già completamente spoglia, le cisterne vuote e, per fortuna, le caldaie alimentate a carbone e non a nafta, quindi un relitto ecologicamente perfetto.

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