Le tartarughe marine appartengono alla classe dei Rettili e assomigliano più ai serpenti e ai cocodrilli terrestri che alle altre creature che popolano gli ambienti marini.
Nel corso dell’evoluzione le tartarughe marine hanno subito ben pochi cambiamenti morfologici, come testimoniano i fossili di milioni di anni fa. E questo, si pensa, è dovuto alla loro caratteristica principale di possedere un carapace osseo protettivo, che nel tempo è risultato un adattamento di grande successo, tanto da essere sopravissuto fino ai nostri tempi.



Nozioni di anatomia

La corazza protettiva delle tartarughe è solitamente distinta in due parti fondamentali: la parte dorsale, di colore brunastro, chiamata carapace, e la porzione ventrale, di dimensioni più piccole e di colore più chiaro, chiamata piastrone.
Tutta la corazza è costituita da piastre ossee saturate tra loro, alcune delle quali sono ossificate nel derma cutaneo, mentre altre sono fuse con le vertebre e le costole della tartaruga. Le piastre ossee sono a loro volta rivestite dalle tipiche squame cornee dei Rettili, che ricoprono anche la testa e gli arti, a funzione protettiva.
Il numero delle piastre cornee sia della corazza che della testa costituiscono una caratteristica distintiva delle varie specie di tartaruga marina.(figura i-pag 43) Una delle singolarità delle tartarughe marine è il fatto che queste, diversamente da quelle terrestri, non possono ritirarsi all’interno della corazza, per cui gli arti e la testa sono facili bersagli dei predatori del mare, in particolar modo degli squali.

Lo scheletro delle tartarughe è rigido: le vertebre toraciche si presentano fuse con le costole e con molte lamine ossee del carapace e del piastrone; le uniche vertebre libere sono quelle del collo e della coda; lo sterno è assente. Le zampe hanno subito modificazioni evolutive per l’adattamento al nuoto; sono scomparse le dita, mentre l’arto ha assunto la forma di una pinna, in alcune specie, sono scomparse anche le unghie. Gli arti anteriori, di dimensioni maggiori, vengono utilizzati per imprimere la spinta propulsiva mentre quelli posteriori, corti e tozzi, servono come da timoni e da stabilizzatori.

Il cranio delle tartarughe è di tipo anapside, cioè senza fosse temporali, indice della loro scarsa storia evolutiva.
La massa cerebrale è ridotta ed occupa ben poco spazio rispetto al volume del cranio. Le tartarughe marine non hanno denti ma riescono ugualmente a tranciare l’alimento grazie a taglienti astucci cornei, chiamati ranfoteche che rivestono mascella e mandibola formando il tipico “becco”.
Gli occhi sono grandi ed adattati alla visione in acqua; una porzione delle ghiandole lacrimali si è trasformata in una particolare struttura, detta ghiandola del sale che serve ad eliminare il cloruro di sodio in eccesso ingerito dall'animale con l'acqua di mare.

Le tartarughe marine respirano attraverso i polmoni; questi hanno una forma appiattita e sottile; aderendo internamente alla curva del carapace hanno una limitata capacità di espansione. La dilatazione e la contrazione dei polmoni avviene per mezzo di specifici muscoli situati tra le zampe e l'intestino ma anche grazie ai movimenti del collo e degli arti. Si ritiene, comunque, che le tartarughe marine possano assorbire, attraverso la pelle, fino al 70% dell'ossigeno necessario al loro sostentamento; tale processo avviene soprattutto grazie alle sacche anali, particolari strutture situate ai lati dello sbocco dell'intestino che, grazie alle loro pareti sottili e vascolarizzate, permettono l'assimilazione dell'ossigeno disciolto in acqua.
Le tartarughe marine, inoltre, sono in grado di assimilare ossigeno dall'acqua ingerita grazie alla cavità faringea altamente vascolarizzata, di trattenere nel sangue e nel tessuto muscolare grandi quantità di ossigeno e di mettere in movimento l'aria incamerata tra trachea, bronchi e polmoni, al fine di sfruttare al massimo l'ossigeno residuo.
Grazie a queste caratteristiche le tertarughe marine sono in grado di effettuare lunghi periodi di apnea e di ibernazione sui fondali.
Il cuore presenta tre cavità: due atri ed un solo ventricolo che spinge il sangue, alternativamente, sia verso i polmoni che verso la circolazione generale: esiste pertanto un parziale rimescolamento di sangue arterioso con sangue venoso.
Le tartarughe marine possiedono anche delle strutture anatomiche che gli permettono di variare il proprio assetto idrostatico; tali organi, conosciuti come sacche aeree, agiscono in maniera analoga alla vescica natatoria dei pesci.


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Riproduzione

Come tutti i Rettili, le tartarughe marine sono animali onnipare: esse abbandonano l'ambiente marino per deporre le loro uova sulla terraferma.
Durante la stagione riproduttiva le femmine di tartaruga marina compiono delle lunghe migrazioni dalle aree di alimentazione, dove solitamente vivono, verso spiagge isolate, distanti anche migliaia di chilometri,dove probabilmente sono nate.
L'accoppiamento può avvenire durante le migrazioni, o in aree vicine ai luoghi di deposizione, ma si ipotizza che le femmine possano utilizzare il seme del maschio per fecondare le uova anche dopo qualche anno.
Giunte a destinazione le femmine emergono dal mare per lasciare le uova in nidi che scavano nella sabbia in un processo lungo e faticoso. Terminata la deposizione tornano in mare lasciando al calore della sabbia il compito di portare a termine l'incubazione.
Nell'ambito della stagione riproduttiva, che varia a seconda della specie e della latitudine , le femmine possono compiere da 3 a 6 deposizioni, dopodichè intraprendono le migrazioni di ritorno verso i loro quartieri di residenza abituali per poi tornare sulla stessa spiaggia di deposizione al seguente ciclo riproduttivo.

Il periodo di incubazione dei piccoli varia a seconda della specie e della temperatura di incubazione, ma in genere è compreso tra i 45 ed i 70 giorni. Una singolare caratteristica sta nel fatto che è la temperatura della sabbia a determinare il sesso dei nascituri. Nella specie caretta caretta, ad esempio, se la temperatura del nido, durante l'incubazione, è maggiore a 29,0° allora si sviluppano più piccoli di sesso femminile; se invece è minore a tale temperatura si sviluppano più piccoli di sesso maschile.
I piccoli, una volta terminato il periodo di incubazione, rompono il guscio dell'uovo grazie ad una caratteristica protuberanza della ranfoteca detta dente dell'uovo, e poi iniziano la loro migrazione verso il mare. E' importante notare che la schiusa dell'uovo e la fuoriuscita del piccolo dal nido non sono due avvenimenti contemporanei, ma tra l'uno e l'altro avvenimento possono passare dai 2 ai 7 giorni.
Una volta usciti dal nido, i piccoli di tartaruga si dirigono velocemente in mare, guidati probabilmente dai contrasti luminosi che crea il sole sulla superficie del mare.




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